Dopo una lunga e immotivata assenza, sono tornata su questo blog per raccontare per una volta qualcosa di diverso, di personale.
Un nuovo inizio, come dice il titolo. O almeno, un tentativo.
Alla tenera età di 35 anni, la stessa in cui Dante smarrì la diritta via, io ho deciso che cosa voglio fare da grande. O per dirla meglio, che cosa NON voglio più fare da grande. In effetti quello che voglio fare lo so da un po’, e lo faccio già da qualche anno: tradurre.
Ho iniziato a tradurre quando ancora giocavo con le Barbie, traducevo le canzoni di Bon Jovi e di Brian Adams come passatempo (la vita a Eraclea, soprattutto in inverno, era molto, molto, molto noiosa…). Mi piaceva l’inglese, e anche il tedesco (con quest’ultimo ho avuto una brutta lite e per anni non ci siamo più parlati, poi qualche anno fa abbiamo fatto pace e adesso andiamo abbastanza d’accordo, anche se ogni tanto ci insultiamo), e mi piaceva più di tutto la mia lingua, l’italiano. Mi piaceva scrivere, mi piaceva studiare, mi piacevano le lingue e non mi piaceva l’idea di chiudermi in un ufficio tutto il giorno con degli orari prestabiliti e dei capi a cui obbedire. Per me era ovvio che avrei fatto la traduttrice.
Come spesso succede però, le idee chiare e semplici che abbiamo da ragazzi diventano a un certo punto complicate, confuse e contaminate dalle idee di qualcun altro, dai preziosi e non richiesti consigli dei più saggi, e finiamo per confondere ciò che vogliamo con ciò che dovremmo volere.
Insomma, per farla breve e senza scomodare la psicanalisi, a un certo punto ho smesso di seguire la mia passione e ho fatto scelte diverse, sia nello studio che poi nel lavoro, ritrovandomi senza ben capire come a stare chiusa tutto il giorno in ufficio, facendo lavori che non mi piacevano e che cambiavo continuamente, con zero stimoli e uno stipendio sicuro a fine mese. Non ero felice, ma chi vuole rinunciare allo stipendio sicuro?
Così, per non perdere la sicurezza di un’entrata nel conto corrente e al tempo stesso evitare di impazzire di tedio in ufficio, ho trovato un compromesso: un lavoro da dipendente part time e nel tempo libero la traduzione. All’inizio sembrava la soluzione ideale, mezza dipendente e mezza freelance, libera a metà. Ma dopo un po’ di tempo la situazione è diventata ingestibile. Ho cominciato a lavorare di più come traduttrice, ma il tempo non bastava e finivo per fare male entrambi i lavori e ritrovarmi nervosa e insoddisfatta.
Mezza libertà non mi bastava più.
Così, dopo un inverno difficile e tormentato, l’estate mi ha portato consiglio: abbandona la strada vecchia e abbraccia il cambiamento, con tutti i rischi e le paure e le critiche dei saggi che ne conseguiranno.
You only live once.
Ed eccoci arrivati a oggi, alla decisione che mi porta a questo nuovo inizio. Ho abbandonato il lavoro subordinato e mi sto dedicando unicamente al MIO lavoro. Occuparmi interamente di traduzione mi ha dato anche modo di scoprire che esiste una grande rete di traduttori, gruppi di professionisti che si riuniscono per parlare, dare e chiedere consigli, imparare, migliorarsi, specializzarsi. Il traduttore lavora spesso in solitudine, e questo era uno degli aspetti che un po’ mi spaventava (lavoro bene in autonomia ma l’isolamento mi preoccupa). Aver scoperto l’esistenza di questa grossa comunità di traduttori è stata una sorpresa piacevolissima. La classica immagine del traduttore come orso solitario chiuso nella sua caverna ha lasciato spazio a quella di un animale sociale e socievole, e vi assicuro che sapere di non essere soli in una professione che non prevede né ordini né tutele è davvero un grande sollievo.
Inoltre, lavorare in autonomia mi permette di gestire lavoro e tempo libero a modo mio, di lavorare dove voglio, con orari scelti da me e secondo i miei tempi, di avere il totale controllo sulla mia attività. Per non parlare della soddisfazione di fare il lavoro che mi piace.
Tutto sotto controllo quindi? Neanche per idea.
L’ansia di dovercela fare a tutti i costi, di doverci riuscire perché da questo dipende il considerarmi o meno una fallita, il fastidio di dover sopportare i giudizi, la paura di non trovare dei clienti, il timore di non essere all’altezza, l’angoscia di veder scomparire i numeri dal conto corrente…ecco tutto ciò si muove nel mio stomaco come un branco di falene su un lampione ad agosto. Per dirla in parole povere, mi cago sotto.
Ciò non toglie che sono molto fiera di aver preso finalmente questa decisione. Certo c’ho impiegato magari più tempo del necessario, ma alla fine ci sono arrivata, e sono felice e pronta ad affrontare tutto, con una bella scorta di fermenti lattici e tisane alla valeriana. E soprattutto, mi rasserena sapere che ho vicino a me persone che mi sostengono e mi appoggiano, amici veri che non mi negheranno mai due chiacchiere e una birra quando l’ansia cercherà di prendere il sopravvento.
Vi aspettate che vi dica che vale sempre la pena di seguire i propri sogni, abbandonare i non richiesti buoni consigli, provare a vivere la vita a modo proprio e quel che sarà sarà? Chiedetemelo tra un annetto. Nel frattempo brindo alla libertà.
Cheers!