Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere, diceva Baudelaire. Gli astemi sono una specie che non sono mai riuscita a comprendere, forse a causa delle mie origini venete. Non posso proprio immaginare una vita senza vino. Ma neanche senza birra, spritz, rum, e continuate pure voi l’elenco.


Perché, diciamo la verità, la vita non è poi così meravigliosa. È piena di momenti difficili, di delusioni, di fatiche, di sforzi non ricompensati e di ingiustizie insanabili. E come si affronta tutto ciò? Con gli amici e con l’aiuto di qualche bollicina che alleggerisce i pensieri.
Ma quand’è che l’alcol passa da piacevole compagno di serate a padrone delle nostre vite? Quand’è che da amanti del buon bere diventiamo schiavi di Bacco? Cosa succede nel nostro cervello che fa sì che il limite della dipendenza venga oltrepassato?
Moltissimi studi sono stati fatti in merito, e oggi mi sono imbattuta in questo interessante articolo pubblicato sul science daily, che traduco e condivido con voi.
Ps: non so voi ma io mi sono immedesimata subito coi ratti che pur di avere l’alcol accettano di prendere la scossa…

Perché preferiamo l’alcol a gratificazioni più salutari

21 giugno 2018, Università di Linköping

Secondo un nuovo studio, i cambiamenti in un sistema di segnalazione nel cervello contribuiscono allo sviluppo di comportamenti simili alla dipendenza da alcol nei ratti. I risultati indicano un meccanismo simile negli esseri umani.

Lo studio collega i cambiamenti molecolari nel cervello a comportamenti che sono fondamentali nella dipendenza, come la scelta di una sostanza stupefacente rispetto a gratificazioni alternative. I ricercatori hanno sviluppato un metodo attraverso cui i ratti imparano a ottenere una soluzione alcolica premendo una leva. Per comprendere meglio il modo in cui la dipendenza porta l’individuo a scegliere l’alcol rispetto ad altre gratificazioni, i ricercatori hanno offerto ai ratti un’alternativa all’alcol: acqua addolcita. Davanti alla scelta tra l’alcol e l’acqua addolcita, la maggior parte dei ratti smetteva di fare uno sforzo per ottenere l’alcol, e sceglieva invece la soluzione dolce. Ma il 15 per cento dei ratti ha continuato a scegliere l’alcol, nonostante la possibilità di ottenere un’altra ricompensa. Questa proporzione è simile alla percentuale di esseri umani con dipendenza da alcol.
Il comportamento dei ratti che hanno scelto l’alcol aveva molte somiglianze con i criteri diagnostici utilizzati per individuare la dipendenza da alcol negli esseri umani, ad esempio l’uso continuato nonostante le conseguenze negative. La dimostrazione di ciò è data dal fatto che i ratti in questione hanno continuato a premere la leva per ottenere l’alcol, nonostante questo provocasse loro uno sgradevole shock elettrico alla zampa.
“Bisogna considerare che una caratteristica fondamentale della dipendenza è che sai che ti danneggerà, potenzialmente ti ucciderà perfino, e tuttavia qualcosa nel controllo motivazionale non funziona e continui a farlo”, afferma Markus Heilig, professore presso il Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale e direttore del Centro per le neuroscienze sociali e affettive.
Per studiare il meccanismo alla base dei comportamenti riconducibili alla dipendenza nei ratti, i ricercatori hanno misurato l’espressione di centinaia di geni in cinque aree del cervello. Le differenze principali sono state individuate nell’amigdala, che è importante per le reazioni emotive. Nei ratti che hanno preferito l’alcol all’acqua addolcita, un gene in particolare è stato espresso a livelli molto più bassi. Questo gene è il modello della proteina GAT-3, una proteina di trasporto (o “trasportatore”) che aiuta a mantenere bassi livelli del neurotrasmettitore inibitoriio GABA attorno alle cellule nervose. Questa scoperta è in linea con precedenti studi che hanno identificato cambiamenti nei segnali di GABA nell’amigdala quando i ratti sviluppavano dipendenza da alcool.
I ricercatori hanno studiato il ruolo della riduzione della proteina ​​di trasporto eliminando il GAT-3 nei ratti che inizialmente preferivano l’acqua addolcita all’alcol. Dopo la riduzione, ai ratti è stata ancora una volta presentata la scelta tra alcol e zucchero.
“La diminuzione dell’espressione del trasportatore ha avuto un effetto sorprendente sul comportamento di questi ratti. Gli animali che avevano preferito l’acqua addolcita rispetto all’alcool hanno modificato la loro preferenza e hanno iniziato a scegliere l’alcol”, afferma Eric Augier, ricercatore capo del progetto.
In definitiva, il significato di scoperte sugli animali come questa è determinato dal grado in cui esse riflettono ciò che accade negli umani. Per determinare l’importanza di questa scoperta, il gruppo di ricerca ha collaborato con i ricercatori dell’Università del Texas ad Austin, e ha analizzato i livelli di GAT-3 nel tessuto cerebrale di umani deceduti. Negli individui con dipendenza da alcool documentata, i livelli di GAT-3 nella regione dell’amigdala erano inferiori rispetto agli individui di controllo.
“Questo è uno di quei casi relativamente rari in cui ad un cambiamento interessante nei nostri modelli animali corrisponde lo stesso cambiamento nel cervello degli alcolisti”, ha detto Dayne Mayfield, ricercatore all’Università del Texas presso l’Austin’s Waggoner Center for Alcohol and Addiction Research e co-autore di questo nuovo studio. “È un’ottima indicazione della correttezza del nostro modello animale. E se il nostro modello animale è corretto, possiamo utilizzarlo per individuare le giuste terapie e avere maggiore fiducia nei risultati.”
Questa scoperta può contribuire a migliorare il trattamento della dipendenza da alcol. Il baclofene, un farmaco che è stato a lungo utilizzato per trattare l’aumento della tensione muscolare in alcuni stati neurologici, è stato studiato anche per il trattamento della dipendenza da alcol. I risultati sembrano promettenti, ma il meccanismo non è chiaro.
“Una delle cose che il baclofene fa è sopprimere il rilascio di GABA. Attualmente stiamo lavorando con un’azienda farmaceutica per provare a sviluppare una molecola di seconda generazione come possibile base per farmaci per l’alcolismo che seguano questo principio”, afferma Markus Heilig.
Lo studio è stato condotto da ricercatori dell’Università di Linköping in collaborazione con ricercatori dell’Università di Göteborg e dell’Università del Texas. La ricerca è stata finanziata dal Swedish Research Council.

Riferimenti: Eric Augier, Estelle Barbier, Russell S. Dulman, Valentina Licheri, Gaëlle Augier, Esi Domi, Riccardo Barchiesi, Sean Farris, Daniel Nätt, R. Dayne Mayfield, Louise Adermark, Markus Heilig. A molecular mechanism for choosing alcohol over an alternative rewardScience, 2018; 360 (6395): 1321 DOI: 10.1126/science.aao1157