I miei primi ricordi d’infanzia sono legati a Fido, il cane che abitava con me. Meticcia di taglia minuscola, precursore di ogni teoria gender (i miei genitori hanno scoperto dopo settimane che non era un maschietto e ormai lei rispondeva solo al nome di Fido), quel piccolo toporagno nero mi ha cresciuta con lo stesso amore di un famigliare, e per me non era nè più nè meno che un membro della mia famiglia.
È stata la mia migliore amica per i primi 11 anni della mia vita, e quando c’ha lasciati non è passato troppo tempo prima che trovassi la sua sosia in un canile. E per i successivi 18 anni Luna è stata la mia compagna di avventure, ha vissuto con me i momenti più importanti della mia vita, dall’adolescenza (era l’unica in famiglia a sopportare i miei sbalzi ormonali) all’età adulta, dagli esami di terza media alla laurea. Quando ero via aspettava il mio ritorno, quando tornavo a casa la sua coda roteava talmente tanto che pensavo si sarebbe alzata in volo.


E chiunque abbia, o abbia avuto un cane, sa che non esiste nulla di paragonabile alla gioia che quei pelosi quadrupedi riescono a darci.
E nulla di paragonabile al vuoto che lasciano quando se vanno.
Chiunque abbia, o abbia avuto un cane sa anche che non c’è antidepressivo, ansiolitico, stabilizzatore dell’umore o psicofarmaco alcuno capace di curarci dal dolore quanto il nostro migliore amico a quattro zampe. I cani sono ottimi alleati contro lo stress, questo lo sappiamo bene, e a quanto pare qualcuno ha deciso di trovare le prove scientifiche di quello che per noi amanti dei cani è un semplice dato di fatto.
Questo articolo, pubblicato ieri sul science daily, di cui vi riporto qui sotto la traduzione, ci dice che perfino i veterani di guerra che soffrono di disturbo post traumatico da stress (che è un tantinello più pesante del nostro comune stress da ufficio…) traggono beneficio dalla presenza di un peloso a quattro zampe:

I veterani affetti da disturbo post traumatico da stress possono trarre beneficio dalla compagnia dei cani d’assistenza

Un nuovo studio mostra come i veterani con DPTS possano trarre benefici fisiologici dalla compagnia di cani d’assistenza. Questo studio ha utilizzato un marcatore fisiologico per definire gli effetti bio-comportamentali dei cani di servizio su veterani con DPTS.

Lo studio, condotto dal Purdue University College of Veterinary Medicine, è la prima ricerca pubblicata che utilizza un marcatore fisiologico per definire gli effetti bio-comportamentali dei cani di servizio su veterani con DPTS.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Psychoneuroendocrinologye, e rappresentano una significativa prova scientifica dei potenziali benefici per la salute mentale sperimentati da veterani con DPTS che hanno cani d’assistenza.
Lo studio è stato cofinanziato dal Human Animal Bond Research Institute (HABRI) e da Bayer Animal Health. La ricerca è stata condotta da Maggie O’Haire, ricercatrice sull’ interazione uomo-animale al College of Veterinary Medicine, e Kerri Rodriguez, laureato in interazione uomo-animale, con l’aiuto di K9s For Warriors, un’organizzazione non profit accreditata che fornisce ai veterani cani di servizio. Allo studio ha collaborato anche l’Institute for Interdisciplinary Salivary Bioscience Research presso l’Università della California, Irvine.
“Il nostro obiettivo di ricerca a lungo termine è quantificare come i cani d’assistenza possano influenzare la salute e il benessere dei militari e dei veterani con DPTS”, ha detto O’Haire. “Questo studio ha confrontato un gruppo di veterani con DPTS a cui era stato dato un cane di servizio con un gruppo in lista d’attesa per riceverne uno. Le nostre precedenti ricerche suggerivano che la presenza di un cane di servizio riducesse i sintomi clinici del disturbo post traumatico da stress, migliorando la qualità della vita. In questo studio, abbiamo voluto determinare se quegli effetti benefici includessero anche cambiamenti nella fisiologia dello stress.”
“Abbiamo scelto di focalizzare le nostre valutazioni sul cortisolo, in quanto si tratta di un biomarcatore prevalentemente coinvolto nel sistema di risposta allo stress”, ha affermato Rodriguez, autore principale del documento. In questo modo, lo studio si propone di migliorare la comprensione dei potenziali meccanismi per cui un cane d’assistenza può aiutare questa categoria di persone.
Il cortisolo può essere misurato in modo non invasivo nella saliva, il che ha permesso ai veterani di raccogliere autonomamente i campioni a casa, subito dopo essersi svegliati al mattino e circa 30 minuti dopo. Ciò ha consentito ai ricercatori di osservare la quantità di cortisolo prodotta durante la mattinata. L’entità della “risposta al risveglio del cortisolo” è stata ampiamente studiata e utilizzata come parametro degli effetti dello stress cronico e acuto. Adulti sani, non affetti da DPTS, sperimentano un aumento di cortisolo dopo il risveglio.
“Abbiamo scoperto che i veterani militari con un cane di servizio in casa hanno prodotto più cortisolo al mattino rispetto a quelli in lista d’attesa”, sostiene Rodriguez. “Questo modello si avvicina al profilo del cortisolo previsto negli adulti sani senza DPTS. La presenza di un cane di servizio si associava anche a meno rabbia, meno ansia e un sonno migliore. ”
Per quanto importante, questa scoperta va comunque considerata in un contesto specifico, avverte O’Haire.
“Questi risultati presentano interessanti dati iniziali riguardanti la risposta fisiologica alla convivenza con un cane di servizio. Tuttavia, lo studio non ha stabilito una correlazione diretta, su base individuale, tra i livelli di cortisolo e i livelli dei sintomi di DPTS, e sono necessari ulteriori studi. È importante tenere presente che i cani di servizio non possono al momento essere considerati una cura per il DPTS”.
Il prossimo passo, già in corso, prevede una sperimentazione clinica su larga scala da parte del National Institutes of Health. I ricercatori stanno studiando veterani con e senza cani d’assistenza nell’arco di un lungo periodo di tempo. “Il nostro gruppo di ricerca sarà in grado di osservare i livelli di cortisolo mattutino sia prima che dopo che i veterani avranno ottenuto un cane di servizio, in modo da studiare la manifestazione degli effetti fisiologici nel tempo“, afferma O’Haire. “La natura longitudinale di questa sperimentazione clinica dovrebbe portare a una migliore comprensione delle interrelazioni tra processi fisiologici e comportamentali, sintomi del DPTS e cani di servizio”.
Come sottolinea O’Haire, la partecipazione dei veterani agli studi non deve essere data per scontata. “Siamo molto grati ai veterani militari e alle loro famiglie che hanno partecipato alla ricerca finora“, ha detto la ricercatrice. “Siamo onorati di collaborare con queste persone per progredire nella conoscenza delle nostre interazioni con gli animali e dell’influenza di tali interazioni sulla vita umana”.

Riferimenti: Kerri E. Rodriguez, Crystal I. Bryce, Douglas A. Granger, Marguerite E. O’Haire. The effect of a service dog on salivary cortisol awakening response in a military population with posttraumatic stress disorder (PTSD)Psychoneuroendocrinology, 2018; DOI: 10.1016/j.psyneuen.2018.04.026