Verso la fine dell’anno scorso ho avuto l’opportunità di partecipare a un progetto di cui vado particolarmente fiera, e che ritengo valga la pena condividere.
Il progetto è nato da un’associazione di cui faccio parte, Traduttori per la Pace (TpP), un gruppo costituito da traduttori e interpreti volontari, che si propone di diffondere e promuovere idee e iniziative di pace e una cultura di rispetto dei diritti umani.
L’amministratore del gruppo, Andrea Spila, ci ha proposto di accogliere la richiesta di un gruppo di studenti dell’Università di Torino (Progetto Palestina) di tradurre un rapporto ONU sulla questione israelo-palestinese. Ovviamente la proposta è stata accolta, e per me è stato un onore collaborare con altri traduttori e revisori professionisti ad un progetto di grande rilevanza e interesse.
Si tratta infatti di un rapporto particolarmente significativo, in quanto per la prima volta le pratiche discriminatorie attuate dal governo israeliano nei confronti del popolo palestinese vengono classificate come apartheid. Questo termine ci porta subito a pensare al Sudafrica e a qualcosa di ormai concluso e lontano nel tempo, qualcosa che con Nelson Mandela ha smesso di esistere. Ma a quanto pare non è affatto così. Gli autori del rapporto, Richard Falk e Virginia Tilley, dopo un’indagine molto accurata basata sul diritto internazionale e sullo studio della situazione reale nei territori sottoposti al governo di Israele, hanno messo in luce come Israele stia attuando pratiche riconducibili senza ombra di dubbio al crimine di apartheid.
L’apartheid è stato definito crimine contro l’umanità da diverse convenzioni internazionali, nonché dal diritto internazionale consuetudinario, e questo implica non solo il divieto di attuare tale regime, ma anche l’obbligo per le Nazioni Unite e per tutta la comunità internazionale di intervenire contro qualunque violazione di questo divieto.
In poche parole, il riconoscimento del crimine di apartheid commesso da Israele ai danni del popolo palestinese implica che l’ONU e tutti gli Stati debbano intervenire con sanzioni economiche e politiche, embarghi, boicottaggi o altre azioni contro il governo israeliano. Anche la comunità civile è chiamata a intervenire, diffondendo il messaggio e incentivando iniziative di protesta pacifica. Lo scopo è isolare il governo di Israele per costringerlo ad abbandonare la politica di apartheid a favore di una politica realmente democratica che permetta al popolo palestinese di uscire dall’oppressione.
Il rapporto originale in inglese di Falk e Tilley è stato pubblicato sul sito dell’ONU nel marzo del 2017, ma neanche 48 ore dopo è stato rimosso dal Segretario Generale Guterres, a seguito delle pressioni della lobby sionista. Questo fatto, a mio parere, è già più che significativo dell’importanza che avrebbe la diffusione di questo rapporto per la questione israelo-palestinese.
Fortunatamente, gli studenti di Progetto Palestina avevano salvato una copia del rapporto prima che questo fosse prontamente rimosso. La collaborazione con Traduttori per la Pace ha reso il rapporto fruibile e accessibile anche nella nostra lingua, permettendone una maggiore diffusione soprattutto in vista della lectio magistralis tenuta lo scorso 3 maggio all’università di Torino proprio da Falk.
Aver partecipato attivamente a questo progetto mi rende molto orgogliosa, non solo perché tradurre un rapporto dell’ONU unisce due delle mie più grandi passioni (la traduzione e lo studio dei diritti umani, in cui tantissimi anni fa mi sono laureata), ma anche e soprattutto perché credo fermamente nell’importanza di diffondere una cultura di consapevolezza dei diritti umani e delle loro violazioni, in qualunque parte del mondo esse avvengano.
La mia ingenua speranza è che diffondendo il più possibile questi messaggi aumenti la consapevolezza generale di ciò che succede oltre il cortile di casa nostra, e si riduca l’ignoranza xenofoba e razzista che sta dilagando spaventosamente in ogni angolo della terra.
Qui potete trovare il rapporto di Falk e Tilley nella versione italiana, con tanto di prefazione di Moni Ovadia. È un po’ lungo, ma se non avete niente da leggere sotto l’ombrellone ve lo consiglio vivamente: sembrerete subito delle persone colte e potrete fare colpo sul/la vicino/a di sdraio. E se non avete proprio voglia di leggerlo tutto, date almeno un’occhiata alla prefazione e alle conclusioni (come quando dovevate scrivere il riassunto del libro delle vacanze).
Grazie a chi vorrà condividere questo messaggio e a chi vorrà dedicare del tempo a leggerlo.